Per la Regione Veneto è legge – o meglio, progetto di legge.
Il numero 293, relativo a “Interventi regionali per la promozione della cultura del cavallo” su iniziativa di Francesca Scatto (Liga Veneta/Lega), presidente della Sesta commissione e relatrice d’aula.
Stanziati per l’obiettivo 200.000 Euro, sarà la giunta della regione a decidere l’agenda annuale di eventi che possano favorire la “promozione e diffusione della cultura equina, in particolare, nel quadro di produzioni audiovisive, cinematografiche e culturali con operatori di settore”.
E queste tre ultime paroline sono molto, molto importanti: anzi ne aggiungeremmo anche una d’ufficio, ‘qualificati’ operatori di settore.
Perché di aspiranti influencer senza cap e propagandanti comportamenti potenzialmente pericolosi ne abbiamo già visti parecchi, grazie.
Ma non finisce lì: nelle misure previste rientrano anche percorsi terapeutici e programmi rieducativi destinati al reinserimento sociale dei detenuti.
Un obiettivo che ha una ricaduta positiva sociale e umana importante, e che ha già avuto successo in molte realtà al di fuori della Regione Veneto.
A collaborare anche Veneto Agricoltura, Università e associazioni del settore equestre, l’Ufficio scolastico regionale, gli Istituti del sistema penitenziario e degli Uffici di sorveglianza.
I fondi a disposizione vedrranno così suddivisi: 200.000 Euro per 2025 e 2026, di cui 50.000 ogni anno per eventi culturali, 50.000 destinati al reinserimento sociale dei detenuti, e 100.000 Euro per interventi terapeutici.
“Il cavallo ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà”, ha spiegato Francesca Scatto, “guadagnandosi un’alta considerazione in molte culture, tra cui quella veneta. Negli ultimi tempi, peraltro, si è scoperto che questi animali portano tanti benefici a livello psicologico, e non solo, a chi se ne occupa. Per questo, oggi approviamo un progetto di legge per aggiornare e integrare la normativa regionale vigente sul mondo equino ed equestre”.
Che continua: “Sono molto intelligenti e molto forti, sono presenti in numerose tradizioni locali del Veneto. L’obiettivo è preservare e promuovere la figura del cavallo nella storia, nella cultura e nelle tradizioni del Veneto. Il contatto con i cavalli aiuta molto ragazzi e giovani affetti da deficit attentivo , e ai detenuti offre l’occasione per responsabilizzarsi e imparare a prendersi cura”.
Va bene, con noi cavallari di lungo corso sfonda una porta aperta, che stare con i cavalli faccia bene alle persone è una cosa di cui siamo profondamente consapevoli. Ma è importante che lo sappiano anche ‘gli altri’, quelli che non hanno mai avuto questa fortuna.
Francesca Zottis (in quota al Pd), correlatrice, ha sottolineato la necessità di far rientrare le azioni proposte anche nei programmi di Ulss e scuole “e enti privati”.
Sempre in sede di Consiglio regionale la proposta di Alberto Bozza (Fi) per sostenere le attività di ippoterapia per disabili nei centri autorizzati e in possesso di specifici requisiti.
Ma non è stata solo giornata di proposte equestri accolte: bocciato invece l’ordine del giorno dei Verdi che chiedeva alla giunta stessa di impegnarsi per il riconoscimento del cavallo come animale d’affezione, vietarne macellazione, vendita e consumo delle carni.
Ha domandato il Verde Andrea Zanoni: “Esibendo in aula la foto del presidente Zaia a cavallo durante la fiera equina di Verona, ho chiesto ai colleghi consiglieri se, dopo averlo cavalcato, avrebbero il coraggio di portarlo al macello. Com’è possibile essere così efferati nei confronti di questi meravigliosi animali a cui ricorriamo anche per terapie rivolte a bambini, anziani e persone con disabilità?”.
Qui sarebbe stato bello approfondire la tematica del cavallo DPa e Non DPA, le filiere distinte tra cavalli per sport e diporto e quelli allevati specificatamente per la produzione di carne: che sono sempre cavalli, lo sappiamo bene.
Esattamente come quelli che strigliamo ogni giorno – e che a volte hanno cambiato inaspettatamente in meglio le loro prospettive di vita proprio grazie a qualcuno che ha fatto fare loro il ‘salto’ di destinazione.
Capiita spesso con le razze autoctone, quelle più campagnole e rustiche: Bardigiani, Catria, Caitpr, Haflinger, Murgesi – quasi ogni regione ne ha almeno una. E quanti mix assortiti senza libro genealogico o registro anagrafico di riferimento (o magari con troppi registri anagrafici di riferimento possibili…).
Eppure è quel mondo lì, quello che dagli anni ’50 del secolo scorso ha dirottato l’allevamento delle razze equine italiane dall’utilizzo per lavoro alla carne che ha salvato i nostri cavalli, intesi come tipi equini differenti.
Si fa presto a condannarli con il ricatto emotivo della foto di Zaia a cavallo: ma è solo grazie a loro se oggi in Italia abbiamo una ricchezza di biodiversità equine (ma anche asinine) da fare invidia a paesi come la Gran Bretagna.
Certo, bisognerebbe che le due fliere separate e parallele funzionassero senza deragliamenti (vedi i recentissimi casi di cronaca).
Ma chiudere gli occhi sull’importanza di una filiera DPA per i cavalli significa non dare il giusto valore all’importanza degli allevamenti bradi e semibradi per la conservazione, valorizzazione e protezione dei territori più estremi, quelli di montagna.
Ricordiamo che il consumo di carne equina è abbastanza diffuso nel nostro paese: allevare in Italia significa anche non sottoporre gli animali destinati al macello a lunghissimi viaggi prima della fine, quelli si una crudeltà senza senso.
Per non parlare della piaga delle macellazioni clandestine: quelli sì sono criminali da colpevolizzare, non gli allevatori seri che garantiscono controlli sanitari e benessere ai loro animali fino al momento della macellazione.
Qui il sito del Consiglio della Regione Veneto